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“Andrà tutto bene? L’Italia durante e dopo il Covid-19” Video completo e sintesi intervento di Stefano Zamagni

Sulla nostra pagina Facebook è disponibile il video completo dell’intervento di Stefano Zamagni durante l’incontro in streaming tenutosi di 20 maggio 2020 dal titolo “Andrà tutto bene? L’Italia durante e dopo il Covid-19”

Inoltre, è qui disponibile anche una sintesi dell’intervento dell’ospite

L’INTERVENTO:

“Grazie e congratulazioni all’Associazione Nuova Generazione. Vi seguo da tempo e sono già stato vostro ospite in un recente passato.

Quello che fate racconta di voi. Lo storico Erodoto scriveva “le sofferenze insegnano”. Più grande è la sofferenza, più grande l’insegnamento. Abbiamo imparato anche noi: tutti, scienziati, politici e persone comuni, abbiamo bisogno di un bagno di umiltà (la cui etimologia è da humus, terra).

Ci siamo, da tempo, montati la testa: ma gli sviluppi della tecno scienza non hanno risolto i nostri problemi. Il virus ha mandato all’aria tutte le nostre false speranze. La prudenza è un’altra virtù fondamentale: significa essere capaci di guardare lontano e prendere decisioni.

Dieci anni fa questa pandemia era stata prevista in questo libro, questo.

Nel rapporto “World at risk” invitava a dotarsi di mascherine, ventilatori polmonari eccetera in vista di una possibile e prossima pandemia. La grande bugia è servita a coprire le spalle ai responsabili della Cosa Pubblica. Queste lezioni abbiamo dovuto imparare. C’è una seconda questione: come se ne esce da questa crisi? Quali vie d’uscita ci sono? Seneca scriveva: “Non si esce mai da una crisi come vi eravamo entrati, ma se ne esce migliori o peggiori”. Ci sono due exit strategy alternative: il modello dell’alluvione (aspettare che l’acqua rientri negli argini per intervenire) e il modello della resilienza. La vulnerabilità è- diversamente dalla fragilità – la situazione di chi ha una probabilità alta di cadere in una situazione di fragilità nell’arco di due anni. Finora tutti i provvedimenti hanno provato a fare fronte alle fragilità. Ma nel frattempo, oltre a “spegnere l’incendio nella casa che brucia”, dovremmo far fronte alle vulnerabilità. Dovremmo dunque seguire la strategia della resilienza trasformativa, agendo su alcuni pezzi della nostra società. Ripetere gli stessi errori, ora, sarebbe delinquenziale. La trasformazione più urgente è la sburocratizzazione del sistema: un po’ di burocrazia è benevola, troppa fa male. La burocratizzazione eccessiva è voluta dal sistema politico. Perché tutti i partiti si lamentano della burocratizzazione e nessuno prende provvedimenti? [incomprensibile]. Ma il fenomeno è voluto. L’unica soluzione è cambiare sistema politico. Seconda trasformazione necessaria: quella del comparto scolastico e universitario, ancora di marca taylorista. Taylor è responsabile della distruzione dell’umano: lo affermava lo stesso Taylor, che chiamava “bovini” gli operai in catena di montaggio. Ormai l’olocrazia ha superato questo modello anche nelle aziende: solo nella scuola non è così. La scuola deve tornare a essere un luogo di educazione, non solo di istruzione: e qui introduco il concetto di comunità educante. La terza trasformazione necessaria è quella del sistema fiscale, che attualmente colpisce più la produzione che la rendita. Ed ecco spiegato il nostro ventennale declino sul fronte della produttività. Una nota sui paradisi fiscali (Olanda, Lussemburgo e Irlanda fanno parte dell’Europa! Ogni anno si evadono 110 miliardi e l’elusione è altrettanto grave). Quarta trasformazione: la moria imprenditoriale. Abbiamo puntato troppo sulla managerialità. Le nostre business school hanno prodotto splendidi manager, ma manager e imprenditori sono cose diverse. Stiamo continuando a insegnare le cose sbagliate. La differenza è la stessa che passa tra la scelta e la decisione. Dovremmo fare scuole di imprenditorialità (vocazione, mentre il manager è un mestiere). Dobbiamo passare dal welfare state al welfare society: tutte le persone devono occuparsene, non solo lo stato. Quinta trasformazione: passare da un welfare paternalistico a un welfare generativo. Il portatore di bisogni sia anche portatore di risorse, non oggetto ma soggetto. Ora dobbiamo decidere (non scegliere) se vogliamo il modello dell’alluvione o quello della resilienza e, nel secondo caso, stabilire delle priorità. Sono ottimista e spero che usciremo migliorati. Rimbocchiamoci, dunque, le maniche. E il ruolo delle Associazioni è fondamentale.

Escludere l’Associazionismo dai tavoli di emergenza è stato un grave errore strategico. Ma l’articolo 118 dice proprio che in queste situazioni è necessaria una co progettazione tra ente pubblico e Terzo Settore. A differenza del Terzo Settore, le donne hanno giustamente protestato per l’esclusione e hanno ottenuto rappresentanza. Il Terzo Settore ha perso un’opportunità. Gli italiani hanno donato molto agli ospedali e ad altri enti: doneranno meno alle Associazioni. Associazioni che sono chiamate a una forte spinta innovativa.

La burocratizzazione serve al modello elitistico-competitivo: la soluzione è l’introduzione del modello dei fora. C’è una sanità privata profit e una non profit. Il profit rischia di prendere solo quegli interventi che rendono ed è una sconcezza. Un’appendicite è un’operazione troppo poco redditizia: dunque non le fanno. La salute non è un bene privato. Il modello non è un segmento (stato VS mercato), ma un triangolo (stato, mercato e comunità)”